Sito Ufficiale del Gruppo di Ricerca per la Prevenzione della Patologia Ambientale - a cura di Giancarlo Ugazio

Gruppo di Ricerca per la Prevenzione

della Patologia Ambientale

Associazione Scientifica senza fini di lucro

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CINETICA  DELLA  PATOLOGIA  AMBIENTALE LUNGO  L’ARCO  VITALE  DELL’UOMO



 

CD-4

progressione standard  superamento   dell'orizzonte clinico, superamento del punto di non ritorno, attesa di vita normale  (76 anni nel maschio, 82 anni nella femmina).

esposizioni dopo la nascita, per tutto l’arco vitale:

MENABO’

01

PROGRESSIONE STANDARD (quadro d’insieme)

02

ESPOSIZIONE AGLI AGENTI PATOGENI

03

POSITIVITA’ DEGLI INDICATORI BIOLOGICI DI ESPOSIZIONE

04

POSITIVITA’ DEGLI INDICATORI  BIOLOGICI DI DANNO - SINTOMI SUPERAMENTO DELL’ORIZZONTE CLINICO

05

REITERAZIONE DELL’ESPOSIZIONE - AGGRAVAMENTO DEI SINTOMI - IRREVERSIVILITA’ DEI DANNI E SUPERAMENTO DEL PUNTO DI NON - RITORNO - DEPAUPERAMENTO DELLA QUALITA’ DI VITA

06

ESAURIMENTO DELL’ATTESA DI VITA PREVISTA = 76 ANNI PER IL MASCHIO E 82 ANNI PER LA FEMMINA

 

 

 

RIASSUNTO

    Il neonato generalmente si affaccia su un’avventura biologica che assomiglia sempre più ad una scommessa verso i rischi dell’inquinamento dell’ambiente che i rispettivi nonni e genitori hanno realizzato insieme con il cosiddetto progresso.

            Già dalla culla, e poi  quando muove i primi passi,  quindi  va a scuola per imparare, infine lavora e fatica per conquistare la pagnotta, oppure per acquisire anche i beni di consumo non indispensabili ma ambiti perché sono uno status symbol delle società moderne e globalizzate, può incappare nei veleni ambientali.

            In tutte queste circostanze di vita, l’essere umano si trova esposto ad agenti nocivi di origine ambientale, che possono entrare nell’organismo attraverso l’apparato respiratorio, oppure ingeriti coi cibi o con le bevande. Una via di transito obbligata è quella fornita dal circolo, in cui l’agente patogeno entra più o meno rapidamente, a seconda delle condizioni fisiologiche delle mucose delle strutture riceventi,  ed in concentrazioni generalmente proporzionali alle dose di esposizione. Da questa specie di anticamera,  il veleno può localizzarsi in uno o più tessuti che vengono detti anche organi bersaglio. Questa caratteristica, detta  organotropismo, non è un’esclusiva ma un trend preferenziale, basato soprattutto su dati statistici. Infatti,  i metalli pesanti vanno in ogni dove, per esempio il mercurio si trova nei capelli, nelle unghie e nel cervello, ma solo nel sistema nervoso provoca danni. Altro esempio è dato dal piombo: esso va nel rene, nel cervello, nel midollo osseo emopoietico, negli organi riproduttivi, oltre che nel fegato, e reca danni a tutti gli organi tranne che nel fegato. In prima battuta la presenza dei veleni è documentabile con la positività degli indicatori biologici di esposizione.

            Poi i veleni possono rimanere più o meno a lungo nel tessuto della localizzazione primaria, e quindi essere rimossi e spostarsi in altra sede,   tra cui gli emuntori, ghiandole sudoripare e rene in prima linea. Sia nella sede primaria, sia     sulle vie di uscita, l’agente nocivo può esplicare la sua tossicità, a livello molecolare, cellulare, tessutale, o sistemico. La natura ha provvisto questi bersagli di meccanismi di difesa: il loro successo dipende dalla concentrazione del veleno, dalle capacità delle difese, oltre che dalla durata della noxa patogena. Quando le difese soccombono, dopo un tempo di latenza, alla comparsa dei primi sintomi, con la positività degli indicatori biologici di danno, è superato l’orizzonte clinico. Da questo momento in poi è possibile solo fare diagnosi precoce, ma non più prevenzione vera.

            Attraverso l’anamnesi, insieme con una serie di interventi diagnostici, analitici e/o strumentali, il sanitario giunge alla diagnosi eziologica, preziosa nella patologia ambientale, perché permette al paziente di essere rimosso da un’ulteriore esposizione patogena, e nel contempo trattato con terapie adeguate ed efficaci. In assenza di questi interventi, la patologia può aggravarsi fino al superamento del confine della irreversibilità  delle lesioni. A questo punto il sanitario è portato a ricorrere al ricambismo del tessuto o dell’organo divenuti inservibili, oppure, quando si tratta di cancro, a quella trista sequela di mutilazioni chirurgiche, accompagnate dall’avvelenamento chemioterapico o dalle ustioni radioterapiche.

Da questa tappa in poi, al paziente non si prospetta altra possibilità che soffrire di un depauperamento della qualità del suo campare  tanto  insostenibile che il sopraggiungere dei limiti dell’attesa di vita potrebbe apparire come evento liberatorio.

 

 
 

 

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